Politico

Nato il 27 settembre 1856 a Finale, da Tommaso Agnini, ricco possidente, che cedette in affitto le proprie terre per dedicarsi esclusivamente alla gestione di una distilleria di liquori, e di Elisabetta Kostner, inizia le elementari nella città natale, per poi trasferirsi a Genova da parenti, dove si diploma alla Scuola superiore di commercio.
Nel 1880, a 24 anni, torna a Finale e prende parte da subito alla vita politica cittadina, entrando in consiglio comunale due anni dopo. Nel 1884 è al fianco di Felice Cavallotti in Sicilia ad aiutare i bisognosi colpiti da un'epidemia di colera, un'esperienza che lo segnerà e modificherà il suo modo di guardare al mondo e alla vita. Nel 1886 fonda l'Associazione dei braccianti di Finale Emilia, prima cooperativa di lavoro della Provincia, dirigendo i primi scioperi della zona. A partire dal 1887 viene più volte arrestato e condannato per motivi politici. Eletto deputato per la prima volta nel dicembre 1890 (XVII legislatura del Regno d'Italia), è ininterrottamente riconfermato fino alla XXVII legislatura. Nel 1892 è tra i fondatori del Partito Socialista al Congresso di Genova. Membro della direzione del suo partito, segretario del gruppo parlamentare dal 1893 al 1898, fu delegato al Bureau socialiste international di Bruxelles fino al 1914. È eletto anche in Consiglio Provinciale a Modena (nel 1920 ne diverrà presidente) e in consiglio comunale a Modena. Come parlamentare si impegnò per l'abolizione del dazio sul grano, le opere di bonifica (in particolare Burana), la costruzione di linee ferroviarie nel Modenese e nella Valle Padana, lo sviluppo del territorio grazie agli appalti pubblici alle cooperative, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro della classe operaia. Viene dichiarato decaduto dal mandato, parlamentare insieme con tutti gli altri deputati dell'opposizione, nella seduta della Camera dei Deputati del 9 novembre 1926. Costretto ad interrompere ogni attività politica, la riprese subito dopo la caduta del fascismo. All'indomani della Liberazione, fu chiamato a far parte della Consulta nazionale e, essendone il decano, il 25 settembre 1945 ne presiedette la prima seduta. Il suo discorso di insediamento prefigurava l'avvento dell'Italia repubblicana: "Egregi colleghi! Ringrazio il Presidente del Consiglio e l'Assemblea del saluto cortese, dell'accoglienza cordiale che mi è stata rivolta. Essa ha aumentato, lo confesso, la commozione che non ho potuto vincere in quest'aula, dopo il ventennio funesto trascorso. Mi sembra però di sentire che aleggi qui, in questa nuova atmosfera di libertà, lo spirito dei nostri Martiri sì, di Giacomo Matteotti, di Giovanni Amendola e di Antonio Gramsci. Sì, mi sembra, consentitemi che lo dica, di sentir riecheggiare qui, alta e solenne, la loro voce, che indica a noi e a tutti gli italiani il sacrosanto dovere che incombe in questo momento, di dare ogni opera, di compiere ogni sforzo per rigenerare la nostra Patria e risollevare le sorti dell'Italia trascinata nel baratro dal fascismo e dalla monarchia. Consentite che lo dichiari in special modo, mi compiaccio di vedere qui rappresentato la grande massa delle organizzazioni operaie italiane riunite nella Confederazione Generale del Lavoro. Quello che da questi ricordi si deduce lascio a voi il pensarlo. Della Repubblica romana si vedono i ricordi in marmo sul Gianicolo; serbasi il ricordo nel nostro cuore che pulsa fervente e mi fa gridare l'ideale non muore, trionferà. Evviva l'Italia repubblicana!". Pochi giorni dopo aver pronunciato queste parole, cessava di vivere nella sua residenza romana all'età di 89 anni. Era il 5 ottobre 1945.
Se la sua vita politica fu assolutamente irreprensibile, non si può dire altrettanto di quella sentimentale. Certamente furono entrambe movimentate. Sul fronte familiare, risulta essere padre di ben 8 figli, pur essendosi spostato solamente il 19 novembre 1932 all'età